giovedì 11 novembre 2021

Jean-Claude Izzo e la sua Marsiglia

Jean-Claude Izzo (1945-2000), poeta, giornalista, drammaturgo e scrittore francese è considerato l'inventore del cosiddetto «noir mediterraneo», un tipo di poliziesco che, pur attenendosi al genere, è intriso di carattere latino e del calore della sua gente. 
La sua «Trilogia Marsigliese» vide le stampe per la prima volta a metà degli anni Novanta con Casino Totale, il primo capitolo della trilogia. Edita dalla prestigiosa casa editrice francese Gallimard, che pubblicò anche i capitoli successivi della trilogia, ovvero Chuormo e Solea, i romanzi di Izzo si dipanano tra le affollate strade di Marsiglia, i suoi odori e le sue voci, e la sua inafferabile, densa complessità umana. Nonostante la totale aderenza al genere noir, i libri di Izzo sono pervasi da una profonda tensione lirica, che si manifesta attraverso lo sguardo del poliziotto Fabio Montale, lo stropicciato protagonista dei suoi romanzi.
In Chuormo Montale ha abbandonato la polizia per seguire il lento ritmo della vita del mare: perché «di fronte al mare, la felicità è un’idea semplice». Eppure ancora una volta Marsiglia con la sua dolorosa violenza irrompe nella sua quotidianità, costringendolo a compiere un'investigazione privata che, cercando di illuminare le circostanza che hanno portato alla morte un suo giovane cugino, arriverà a scontrarsi con la mafia, i traffici d'armi e il terrorismo internazionale.
Con i libri di Jean-Claude Izzo ogni volta succede la stessa cosa: c’è sempre un momento in cui non sappiamo perché stiamo piangendo. Izzo è innanzitutto questo: un’emozione fondamentale… un’insuperabile malinconia.

Redazione Gialli&Neri 

NEWS: vi anticipiamo il romanzo "La Baia di Miami" di Salvatore Gargiulo

L'ESTRATTO 
"Il bello di Miami è che non sai mai cosa ti aspetta, là, in una delle città più facoltose del mondo. È cresciuta grazie all’immigrazione dall’estero e da altre città degli Stati Uniti. Aveva sempre mantenuto una classe sociale alta: erano immigrate per buona parte persone con un alto reddito. Da Cuba però ci fu un grosso flusso di persone, tra cui numerosi ex galeotti. Nei primi anni Ottanta, Miami si trasformò nel più grande centro di traffico di droga, proveniente dalla Colombia, dalla Bolivia e dal Perù. La malavita introdusse miliardi di dollari ma anche una rapida escalation di crimini violenti, fino a rendere Miami una delle città americane più violente e con un numero di crimini sopra la media. Nonostante tutto ciò, è sempre una città dove i sogni si possono realizzare con un minimo sforzo, anche senza cadere nella criminalità. Le lunghe spiagge e i piccoli porti hanno dato l’opportunità a diversi galeotti di cambiare la loro vita, una seconda possibilità per rimediare ai loro sbagli e lavorare in attività legali. Quando il capitano Pastorino Giovanni si costruì una casa nel 1985 a Miami, a pochi chilometri dal parco Jungle Island, in una baia nascosta dagli alberi, tutti lo giudicarono un eccentrico. Credevano che fosse un vero capitano, ma era un contrabbandiere, svolgeva la sua attività nel porto di Genova. Aveva sempre un atteggiamento inespressivo e uno sguardo minaccioso, con il viso nascosto da una barba compatta. Era il capitano di un gruppo di sole venti persone. Era il titolare di cinque motoscafi, con cui contrabbandava sigarette. Nei tempi d’oro, accumulò una solida somma di denaro. Nel momento in cui capì che il gioco stava per terminare si rifugiò a Miami. Con quei soldi, anche se guadagnati illegalmente, poté acquistare una baia, e vi costruì una villa per la sua famiglia. Era una dimora circondata da prati spaziosi e da alberi che consentivano di avere una privacy assoluta. La sua baia era come un arco che affacciava sul mare. Aveva un sentiero per scendere in una spiaggia isolata e una scalinata che portava direttamente a una piccola banchina, dove aveva ormeggiato due motoscafi e due barche da pesca. Alle spalle della villa c’era il parco nazionale per animali liberi. Dopo tanto rischio e una vita tempestosa, aveva realizzato il suo nuovo sogno. Viveva di rendita, era libero tutto il giorno e trascorreva il suo tempo tra passeggiate lungo la riva del mare e la pesca, che era la sua passione. Era molto bravo a navigare, anche nella nuova vita si sentiva un vero capitano. Passarono anni, e di lui a Genova non si sentì più parlare. I tempi cambiarono e la famiglia a Miami cresceva. Giovanni partì dall’Italia che aveva solo un figlio: Michele. Aveva dieci anni quando arrivò in America. Poi nacquero altri tre figli, tutti maschi. Si creò una famiglia numerosa in una fantastica città. La sua esistenza cambiò totalmente, si era buttato tutto il passato alle spalle. La moglie Molinari Maria, nonostante gli anni, era ancora una bella donna, aveva un viso delicato, dei capelli neri lunghi e ondulati, occhi scuri e profondi. Era stata sempre una casalinga, circondata dalle amiche, e aveva un buon rapporto con gli inquilini del palazzo. Non aveva mai saputo il vero lavoro del marito. 
Lei era convinta che fosse un vero capitano, un eccellente marinaio. Viveva  in  un  palazzo  di  quattro  piani  al  centro  storico  di  Genova.  Nel quartiere  era  rispettata  e  la  salutavano  come  la  signora  del  capitano. Nessuno  si  permetteva  di  mancarle  di  rispetto. Il  tempo  passò.  La  famiglia  Pastorino  viveva  ormai  nel  mondo  della legalità.  Giovanni  riuscì  a  creare  un  giro  di  amici  per  andare  a  pesca  e trascorrere  qualche  pomeriggio  in  buona  compagnia.  Nei  momenti bui,  sentiva  la  nostalgia  dell’azione.  Aveva  vissuto  anni  a  correre  dietro ai  rischi  e  adesso  provava  ad  abituarsi  a  svolgere  una  vita  tranquilla, senza  adrenalina.  Gli  stava  bene  così,  perché  vedeva  la  moglie  felice che  si  dedicava  completamente  ai  figli. 8 Un  giorno,  Giovanni  si  svegliò  dal  bel  sogno  che  stava  vivendo  e  si accorse  che  ormai  gli  anni  erano  passati.  I  figli  crescevano  bene,  il suo  obiettivo  era  stato  raggiunto.  Era  una  nuova  persona  in  una  nuova vita,  tutto  si  svolgeva  secondo  i  suoi  piani,  ma  qualcosa  gli  saltò  in mente:  il  futuro  dei  figli.  Avrebbero  dovuto  trovare  un  lavoro  onesto, con  cui  potessero  vivere  quella  vita  che  lui  invece  aveva  costruito  con stratagemmi  pericolosi. Un  sabato  mattina  uscì  presto  a  pesca  con  un  suo  amico  e  gli  confidò la  sua  preoccupazione.  La  moglie  non  lavorava,  i  figli  studiavano ma gli  anni  passavano  veloci:  il  più  grande  aveva  diciassette  anni. Odell  lo  ascoltò  con  interesse.  Aveva  qualche  anno  in  più,  era  nato  a Miami  e  conosceva  molte  persone  importanti.  Prese  a  cuore  il  discorso. Erano  sulla  barca,  lontani  dalla  riva.  Odell  reggeva  tra  i  denti  la sua  solita  pipa  e  non  rispondeva,  rifletteva  in  silenzio  e  aspirava  lentamente il  fumo.  Erano  di  spalle,  ognuno  aveva  una  canna  da  pesca  e aspettavano  che  un  pesce  abboccasse,  la  pazienza  non  mancava  a  nessuno dei  due.  Stavano  comodi,  Odell  era  piccolo  di  statura,  occupava poco  spazio,  indossava  un  cappello  perché  era  calvo  e  il  sole  gli  dava fastidio.  Giovanni  quando  lo  incontrò  la  prima  volta  capì  subito  che era  un  bravo  uomo,  vide  i  suoi  occhi  brillanti  che  esprimevano  fiducia. Senza  girarsi  Odell  gli  disse: «Senti,  Giovanni,  il  comune  ha  stanziato  dei  soldi  per  chi  vuole  trasformare l’abitazione  in  un  bed  and  breakfast.  Ho  un  amico  che  lavora proprio  nell’ufficio  che  svolge  queste  pratiche». Giovanni  prima  di  rispondere,  ci  pensò. «Grazie,  bella  idea». «Quando  si  torna  a  riva,  lo  chiamo  e  fisso  un  appuntamento». «Andiamo  insieme  a  parlargli». Rimasero  in  silenzio.  Entrambi  controllarono  l’esca,  nessun  pesce  si decideva  ad  abboccare. «Oggi  sembra  che  non  ci  siano  pesci»,  disse  Giovanni. 9 «Eh  già!  Non  si  prende  niente». Scoppiarono  a  ridere. Giovanni  lasciò  la  canna  sul  bordo  della  barca,  prese  una  bottiglia di  vino  «Meglio  fare  una  bella  bevuta». Offrì  un  bicchiere  a  Odell,  che  accettò  ben  volentieri.  Mentre  beveva, Giovanni  puntò  lo  sguardo  verso  l’orizzonte.  
Il  sole  splendeva  nel cielo  limpido.  Il  mare  era  una  tavola  e  la  barca  ondulava  timidamente. La  linea  azzurra  dell’orizzonte  si  confondeva  con  il  cielo.  I  pensieri di Giovanni si persero per un momento nel profondo del mare. Rammentò la sua vita passata, si ricordò le notti pericolose mentre correva con i motoscafi nel mare aperto sempre tutto nero. Navigava senza luce, per nascondersi nell’oscurità. Il suo lavoro era una questione di velocità e d’invisibilità. In una notte doveva trasportare nel porto più carichi di sigarette che poteva. Si fermava all’alba, con gli occhi stanchi per aver navigato al buio e cercato di non finire contro gli scogli o qualcos’altro. Si ricordò anche del suo rifugio, un appartamento acquistato vicino al porto. Aveva stipulato un contratto falso, con l’identità di una persona morta. L’appartamento aveva quattro entrate, lui ogni sera cambiava l’accesso e l’uscita. Aveva studiato quattro tipi di allarmi, ogni entrata aveva un suono diverso, così da sapere in che direzione scappare per non farsi trovare impreparato. Gli venne quasi da ridere. Il suono di una nave in lontananza lo svegliò dai pensieri. Si voltò, una grossa nave da crociera stava attraversando l’orizzonte. In quella giornata, in cui i pesci erano pigri e non mangiavano, Giovanni e il suo amico Odell rimasero per ore in attesa, con la speranza di portare a casa qualcosa per pranzo. Non ce la fecero. Restò solo la bella giornata a dar loro l’entusiasmo per tornare indietro felici."


La redazione Gialli&Neri

INTERVISTA ALLO SCRITTORE DI GIALLI FRANCESCO FONTANA


1) Benvenuto su "Gialli & neri", Francesco. Cosa significa scrivere per te?
Innanzitutto divertimento, espressione, libertà. E gioia di comunicare.

2) Quando hai pubblicato il primo libro? È stato difficile?
Nel 2003 usciva il mio primo romanzo, per Feltrinelli, “L’imitatore di corvi”, sulla storia del 20° secolo nel cuore dell’Europa, in Germania. Ho avuto la gioia di vincere diversi premi letterari e anche di arrivare finalista allo Strega 2006. E’ stata un’esperienza stimolante, nessuna difficoltà, perché se scrivere mi pesasse non lo farei; e non per non fare fatica, ma per non tediare il pubblico con qualcosa che tedia me.

3) Quali sono gli ingredienti che servono in un giallo?
Io parlo di come intendo personalmente i gialli: a me serve ovviamente la trama misteriosa e un po’ noir, e questa è forse la parte più difficile… escogitare un intrigo non banale non è affatto semplice. Poi bisogna amare molto l’ambientazione in cui li si colloca. Ecco perché io colloco spesso, ad esempio, a Milano e Venezia i miei gialli: sono le città che forse più amo. Poi c’è un altro luogo dove vivo parte della mia vita, il Tirolo; ma lo amo così tanto da essere riuscito ad ambientarci ben pochi miei lavori letterari. Il troppo amore a volte impedisce l’espressione.

4) Da dove nasce la storia di "L’alito rovente del Drago"?
Dagli anni della mia giovinezza, i mitici anni ’70, dall’impegno politico di quell’epoca magica e difficile, dal desiderio di denunciare, sia pure in forma metaforica, alcune storture sociali che forse ci portiamo dietro ancor oggi; e molte idiozie, anche criminali, di carattere ideologico.

5) Il punto forte? E di debolezza del tuo libro?
Il punto forte credo sia intanto aver trovato un meraviglioso Editore, L’Orto della Cultura, che mi ha supportato anche e soprattutto quando io, da profano, non capivo i loro tempi. E l’amica Maura in particolare, davvero un tesoro di gentilezza, bravura, calore umano e… sopportazione. Non so se io mi sarei sopportato come lei ha sopportato me. Poi, venendo all’opera, alla sua trama, credo che il punto forte sia l’ambientazione storica, gli anni ’70 appunto, le trame nere. Invece parlando proprio del libro in sé, per me il “meglio” è l’ultimo capitolo, con la descrizione di una Milano deserta, onirica, arroventata dal caldo estivo e quasi sospesa a mezz’aria. Il punto debole credo sia semplicemente il fatto che io sono solo un amatore della materia narrativa, non certo un fuoriclasse come vorrei essere; lo dico sinceramente, non per falsa modestia.

6) A quale personaggio ti sei di più affezionato ne " L’alito rovente del Drago "? E perché?
Il personaggio che domina il mio romanzo, e anche tutta la serie di raccolte “Milano noir” edita invece dalla fantastica casa Panesi Edizioni (2 volumi di racconti ambientati sempre negli anni ’70; e sta per uscire il 3°, in cartaceo ed ebook), non è l’Ispettore Stefano Battiston, come si potrebbe pensare; è la sua collega e compagna Samuela: un portento, una forza della natura come cuore, cervello e muscoli.

7) Ti ha aiutato l’utilizzo dei social network per la promozione?
Abbastanza, sì. Anche in questo però i miei attuali editori, in particolare Maura dell’Orto della Cultura e Annalisa Panesi, sono notevoli!

8) Stai lavorando a un nuovo libro? Se sì, può darci qualche anticipazione?​
A parte l’uscita del vol 3° dei Racconti “Milano noir”, per Panesi edizioni, di cui abbiamo già accennato e il cui titolo sarà “Indagini nella neve”, sto scrivendo con grande entusiasmo e divertimento per l’Orto della Cultura il 2° romanzo, un nuovo episodio di investigazione politica negli anni ’70, questa volta nei confronti del terrorismo rosso. I protagonisti sono sempre loro, Stefano & Samuela, tra Milano e Venezia (anzi, soprattutto Porto Marghera).

9) Ti ringrazio per il tempo dedicato, vuoi dirci ancora qualcosa?
Complimenti a voi per la vostra opera: la lettura, la cultura, la bellezza ci salveranno!

La redazione Gialli&Neri

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