SINOSSI
Siamo nel 1955.
A Faramonte, un paesino dell’appennino abruzzese, Bambina Buongarzone (la Vinaia), moglie del locale vinaio e già prostituta nelle case di tolleranza con il nome d’arte “Millecazzi”, viene trovata violentata e morta ammazzata nella bottiglieria del marito. In quattro e quattr’otto i locali carabinieri arrestano Turuccio, lo scemo del paese che da tempo perseguitava la donna. Benché sia chiaro che Turuccio, sebbene coinvolto, non possiede le capacità intellettuali per organizzare e compiere un tale crimine, nel paese (che attende la visita del vescovo) tutti sono soddisfatti della soluzione e il povero Turuccio, nell’indifferenza generale, viene processato e rinchiuso nel manicomio criminale. Circa un anno dopo, in paese arriva Zelinda, la sorella della Vinaia, una donna sola e disperata alla ricerca della verità sulla morte della gemella. Dopo qualche mese giunge a Faramonte anche Matteo, uno psicologo omosessuale in distacco punitivo presso la scuola elementare del paese a causa del suo “vizio” (siamo nella provincia bigotta degli anni cinquanta). Zelinda convince Matteo ad aiutarla a scoprire come sia veramente morta la sorella, ma ambedue trovano grande resistenza da parte del resto del paese, oltre che dei baroni de Basilijis, un’antica famiglia aristocratica funestata nei secoli da ripetuti episodi di follia. La storia trova il suo tragico epilogo nei meandri del tetro palazzo de Basilijis e sulle vicine montagne. Una vicenda oscura che si dipana in un’atmosfera opprimente, accentuata dalla pioggia battente e dal grigiore degli animi, con la sensazione claustrofobica di essere imprigionati in un acquario soffocante. Un paesaggio infernale in cui i personaggi si muovono nell'attesa della loro piccola apocalisse Un finale in cui la verità si ribalta ripetutamente in una sequela di sorprendenti colpi di scena.
Tutti in paese la chiamavano la Vinaia. Anche Gerlando, il suo anziano marito, la chiamav a così, sia in pubblico sia in privato, perfino quelle rare volte che, raccolte le povere forze dei suoi stanchi lombi, la possedeva e a ogni affondo invocava: «Vinaia, ahhhh, Vinaiaaa!». Dopo la morte della prima moglie con cui aveva gestito la bottiglie ria per oltre trent'anni, Gerlando si era affannato a continuare da solo il suo mestiere di vinaio, ma il contatto con la clientela lo disturbava e allora gli era venuta l’idea di riaccasarsi. Aveva conosciuto colei che sarebbe diventata la sua nu dove Bambina Buongarzone ova mogli e, la Vinaia, al altrimenti detta Ficadiferro casino di Pescara, faceva marchette con grande dedizione e in perfetta letizia. Si erano sposati in comune il trentuno dicembre del 1952, lui sessant'anni e lei trenta, e avevano tr ascorso la loro prima notte sul treno per Roma. Durata del viaggio di nozze: un giorno. Arrivati nella città eterna la mattina del primo gennaio, avevano visitato in tram il Colosseo e Piazza San Pietro per poi pranzare in una latteria di via del Basilico fetta di pane e un bicchiere di latte ciascuno. : un uovo al tegamino con una Alle quindici in punto erano al cinema Barberini, al primo spettacolo di Luci della Ribalta Gerlando cadde subito addormentato e Bambina dovette varie volte dargli di gomito a c . ausa del suo imbarazzante ronfare. Alle diciotto e trenta erano di nuovo in treno, e sei ore dopo erano a casa, a Faramonte, alle falde della Maiella...
I NUMEROSI PREMI DE "LA VINAIA"
2015 Vincitore del premio Delitto d’Autore
2015 Cinquina finale premio Quasimodo
2015 Vincitore del Concorso del Leone
2016 Vincitore del premio La Città di Murex
2017 secondo posto al premo Golfo dei Poeti Shelley e Byron
2017 Migliore opera thriller al premio Un Libro Amico per l’Inverno
2018 Premio Associazione Culturale Accademia Res Aulica