Lo stretto di Messina. Un luogo magico dove si intrecciano storie millenarie, dall'occupazione dei Borboni allo sbarco di Garibaldi, dal terremoto del 1908 che fece oltre centomila vittive fino ai "moti del '70" di Reggio Calabria. Un luogo conosciuto in tutto il mondo per la sua centralità nel Mediterraneo e per un progetto ambizioso ma molto criticato, "il ponte sullo Stretto".
Ma questo angolo di paradiso purtroppo è anche molto noto a livello mondiale per la cronaca nera a causa dell'elevata percentuale di criminalità organizzata. "Terra Nostra” proietta un’immagine ben specifica del fazzoletto di terra a sud di Reggio Calabria che si affaccia sullo stretto, quella della vita delle “famiglie di ‘ndrangheta”: una vita di crimine, di omertà, di violenza; ma anche di forti legami famigliari, dove le tradizioni non solo sopravvivono, ma diventano un punto di riferimento su cui orientare la propria esistenza.
Nel romanzo di Campolo si attraversa lo Stretto di Messina con il famigerato traghetto, per degustare "l'arancino della Caronte" (conosciuto in tutto il mondo) nel piccolo bar al suo interno, ed osservare la stupenda vista della Sicilia che si avvicina sempre di più durante la traversata. Insomma, per chi è del posto o ha attraversato almeno una volta lo Stretto sa di cosa stiamo parlando.
In questo viaggio nei paesi immaginari della Calabria; Casalotto, Bovese e Trimpoli affacciati sul mar Jonio, si percorrerà la famosa Statale 106, per alcuni media definita la "Strada della morte" dove conosceremo boss di vecchio stampo, criminali di “nuova generazione”, imprenditori corrotti, disoccupati disperati, cinici doppiogiochisti, picciotti e killer senza scrupoli. Qui la dimensione “famigliare” è la chiave di tutto.
Redazione Gialli&Neri
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