venerdì 5 novembre 2021

Le regioni del Sud Italia: le più amate dagli scrittori e dal cinema

uno scatto del film Anime nere tratto dal romanzo di Gioacchino Criaco

Sono molti, ormai, i scrittori, i registi e gli attori ad aver scelto le regioni del Sud Italia per ambientare le loro opere grazie alla varietà e alle bellezze naturali delle location che il Mezzogiorno d'Italia offre, insomma un mondo incantato ancora tutto da scoprire. Torniamo agli ultimi film e serie Tv che hanno avuto success. Finito “Il commissario Montalbano” tratto dai romanzi di Andrea Camilieri, ecco “Màkari” una fiction stupenda tratta dai gialli di Gaetano Savatteri. La stessa cosa paiono essere anche le varie Lolita Lobosco e Imma Tataranni delle scrittrici Mariolina Venezia e Gabriella Genisi. Così come molte altre fiction e film ambientati in un Sud che, visto in tv, è sempre uguale, ovunque ci si trovi, Matera come Ragusa, Bari, Trapani.
Le città paiono paesotti in cui tutti si conoscono, son tutti alla mano e feliciotti perché aiutati dal sole che non manca mai come anche le occasioni per stare a tavola, possibilmente all’aperto, meglio se accanto al mare. 
E però poi basta: non sembra esserci altro che valga la pena raccontare. Persino i delitti, anche quelli più efferati, in questo radicale idillio mediterraneo quasi perdono di tragicità, riducendosi a semplice espediente incidentale attorno al quale far girare il racconto, quando non si caricano sino al melodrammatico poiché anche questo a volte chiede la prassi televisiva. Nulla di nuovo, in fondo: questo Mezzogiorno immaginario in cui si è felici di una felicità a volte un po’ stracciona, a volte spiccia o malinconica ma comunque semplice e senza troppi pensieri, recupera infatti uno stereotipo che è duro a morire. 
Negli ultimi anni, però, su quel luogo comune si è andata innestando una fantasia che vuole il Sud sempre più un luogo dell’anima e della lentezza - per usare le parole vacue del marketing e della moda letteraria - ossia un luogo antimoderno nel quale si viene in cerca di momentanea redenzione dalla modernità o, comunque, da certe amarezze patite altrove. 
Si tratta insomma della rappresentazione di un Sud come forse lo immagina chi ha bisogno di usarlo come semplice scenario ma non pare conoscerne davvero la storia e la cultura. E per questo sembra immaginarlo come una terra che pare buona perché ancora tutto sommato incorrotta dalla modernità. 
La Puglia e la Basilicata sembrano essere le vittime più frequentate da questa sorta di riscrittura antropologica, mentre alla Calabria e Sicilia non viene negato un guizzo di consapevolezza di sé, ma senza esagerare. Manca la storia, come detto, ch’è ridotta a uno sfondo liscio sul quale è possibile appendere qualunque cosa, così che l’identità meridionale viene ridotta a pochi elementi, sempre gli stessi. E così alla fine diventa difficile distinguere, per dire, la Sicilia dalla Puglia. 
Non solo: questo racconto bidimensionale lascia tutto lo spazio che serve all’altro grande filone di questi anni, che è quello del racconto criminale. 
Quest’ultimo, però, per quanto abbia interessato anche Roma con "Suburra" il romanzo di Bonini e De Cataldo, è concentrato soprattutto su Napoli e sulla provincia di Reggio Calabria ("Gomorra" tratto dal romanzo di Roberto Saviano, "Anime nere" di Gioacchino Criaco, "Aspromonte, la terra degli ultimi" tratto dal romanzo di Pietro Criaco, "Il giudice meschino" di Mimmo Gangemi), della quale si offre spesso una rappresentazione espressionista se non addirittura caricaturale, quasi che quella città fosse una vittima da sacrificare affinché tutto il resto sia salvo. Ora, queste fiction sono in genere davvero ben realizzate e si lasciano vedere. 
Ma, davvero, una rappresentazione del Sud che non conosca i colori di Verga o Pirandello, e che ignori del tutto persino Sciascia, non regge più. È arrivato il momento di restituire al Sud la propria complessità anche in questi prodotti così popolari, poiché questa idea un po’ paternalista e un po’ coloniale del Mezzogiorno lascia in bocca una certa amarezza e provoca uno sconcerto tale da mandare per aria persino quella sospensione dell’incredulità alla quale adesso, date le circostanze, avremmo bisogno di aggrapparci come mai prima d’ora.

La redazione Gialli&Neri

Un caffè per la vittima si chiama l'ultimo romanzo della scrittrice Pamela Luidelli

La trama
Dopo aver perso i genitori, il lavoro e aver lasciato il fidanzato, Beatrice decide di dare una svolta alla sua vita.
Lascia quindi la sua amata Roma per trasferirsi in un paesino di cinquemila anime sul Lago Maggiore, dove acquista un bar ormai chiuso da tempo e, dopo una disperata ristrutturazione, apre le porte ai suoi clienti. 
Qui conosce personaggi autentici e bizzarri che ben presto si affezioneranno a lei. 
Tutti, a eccezione della sua rivale in affari, Annunciata Albume, titolare di una pasticceria, che cercherà in tutti i modi di metterle i bastoni tra le ruote. 
La vita in paese sembra scorrere tranquillamente fino a quando Rosa, una delle studentesse che frequenta il bar, viene trovata morta in un bosco di proprietà del conte del castello, un uomo schivo e da anni invisibile ai paesani. Sul corpo della vittima viene rinvenuta una scritta che riporta il nome del bar e Beatrice è subito sospettata da De Gai, il nuovo maresciallo del paese. 
Oltre a dover lottare per dimostrare la propria innocenza, Beatrice dovrà fare i conti con il suo peso in costante aumento e il suo passato, che spesso torna a tormentarla ma, soprattutto, con la sua perenne sfortuna, che la mette spesso in situazioni comiche e grottesche.


5 novembre 2021,
Staff "Gialli & neri"

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